Le criptovalute sono ormai parte del nostro quotidiano e tanti cittadini si chiedono cosa succede se non vengono dichiarate al Fisco.
Ad oggi le criptovalute suscitano tantissima attenzione soprattutto perché godono di un sistema finanziario decentralizzato. Questo permette alle persone di gestire autonomamente le proprie risorse e accedere a servizi finanziari senza doversi affidare a un intermediario e senza sottostare a limiti imposti dal governo. Nonostante ciò queste devono essere dichiarate visto che sono costantemente monitorate: cosa succede in caso contrario.
Ad oggi dichiarare o non dichiarare le criptovalute in un contesto normativo incerto è un dilemma che molti contribuenti italiani nel settore si trovano ad affrontare. Con l’aumentare della popolarità delle criptovalute bisogna comprendere le implicazioni fiscali e stabilire se la dichiarazione sia un passo necessario. Sono tre le ragioni chiave per cui la dichiarazione delle criptovalute può essere consigliata da molti esperti del settore, che così potranno mettersi al rifugio da futuri rischi di sanzione da parte dell’Agenzia delle entrate.
Infatti l’interpretazione della normativa sulle criptovalute in Italia può variare, allo stesso tempo è essenziale riconoscere che molte piattaforme di scambio e centralizzate operano da paesi esteri. Indipendentemente dalla classificazione delle criptovalute come valute estere o asset immateriali, sono considerate attività finanziarie o patrimoniali detenute all’estero. Secondo l’articolo 4 del decreto legislativo 167/90, questo le colloca sotto l’Obbligo di Monitoraggio. Quindi la dichiarazione rientra in questi asset e va messo nell’RW della dichiarazione dei redditi.
Criptovalute, attenzione al Fisco: perché dichairarle e cosa potrebbe succedere al contrario
Con l’entrata in vigore del registro OAM per i prestatori di servizi di valuta virtuale dal 18/5/22, gli exchange e i provider di wallet custodial sono obbligati a condividere dati chiave con le istituzioni ogni trimestre. La prospettiva futura potrebbe vedere l’incrocio di questi dati con le dichiarazioni dei contribuenti, rendendo difficile ignorare la detenzione di criptovalute e le transazioni verso i wallet non custodial. La trasparenza è la chiave per evitare possibili controlli futuri.
Proprio in un ambiente normativo complesso, la tenuta di registri accurati delle transazioni è essenziale. Mantenere una traccia dettagliata delle operazioni con criptovalute può proteggere dai controlli fiscali, che potrebbero estendersi su un arco temporale significativo. La memoria umana può essere fallace. Quindi ciò che potrebbe sembrare irrilevante oggi potrebbe essere rilevante in futuro. La consapevolezza costante delle proprie attività finanziarie digitali è un elemento chiave per evitare possibili inconvenienti. Inoltre è importante sapere cosa potrebbe succedere nel caso in cui non vengano dichiarate.
Ad oggi sappiamo che l’omessa o irregolare compilazione del quadro RW prevede una sanzione dal 3% al 15% del valore dei possedimenti non dichiarati. Allo stesso tempo però nel caso in cui la dichiarazione sia presentata entro 90 giorni dal termine, la sanzione applicata ammonta intorno ai 258 euro. Ad ogni modo il consiglio è sempre quello di dichiarare anche se si è in possesso di criptovalute nel caso in cui si possieda un wallet, visto che comunque dichiarare non vuol dire pagarci le imposte visto che il modulo RW non ha natura reddituale e quindi non costituisce base per ulteriori imposte.